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pantafa

Pantafa diretto da Emanuele Scaringi con Kasia Smutniak esce nelle sale il 30 marzo

Pantafa è il film di Emanuele Scaringi, presentato al 40º Torino Film Festival nella sezione Crazies, che esce nelle sale il 30 marzo 2023.

pantafaNel cast di Pantafa ci sono: Kasia Smutniak, Greta Santi, Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Mauro Marino, Giuseppe Cederna

e Francesco Colella.

Il film è scritto da Tiziana Triana, Vanessa Picciarelli ed Emanuele Scaringi e

prodotto da Fandango con Rai Cinema e distribuito da Fandango.

 

Marta si trasferisce insieme a sua figlia Nina a Malanotte, un piccolo paese di montagna.

La bambina da qualche tempo soffre di paralisi ipnagogiche, un disturbo del sonno che può portare

ad avere stati allucinatori, e Marta ha pensato che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla frenesia

cittadina possano giovare alla piccola.

La casa in cui si trasferiscono però è tutt’altro che accogliente e

per le strade di Malanotte non si vedono mai bambini.

I sintomi di Nina cominciano a peggiorare già dalla prima notte,

la bambina fa incubi sempre più vividi in cui una figura spettrale le si siede sul petto, la immobilizza e le ruba il respiro.

Per Marta, madre sola in un paese che le appare sempre più sinistro, sarà ogni giorno più difficile

trovare il modo di fare la cosa migliore per la sua bambina.

 

Il regista Scarlingi sul film dice:

La Pantafa è una leggenda popolare. Una creatura che si siede sul petto e ti ruba il respiro.

 Il folclore italiano è popolato da numerose leggende che fanno parte della nostra cultura e

che rappresentano uno dei modi principali con cui esorcizzare il male e le paure.

Attingere a questo impressionante pozzo di storie significa entrare in un mondo fatto di riti, superstizioni e meraviglie.

Un mondo affascinante e pauroso insieme. La Pantafa è la raffigurazione del mostro. La rappresentazione del male. L’incarnazione della nostra parte più buia.

Un male oscuro che ci consuma quotidianamente e rode ogni nostra piccola sicurezza.

Una delle paure più inconfessabili e difficili da accettare è l’odio verso la progenie.

Un rancore indicibile e soffocato. Quello spirito maligno che insinua il dubbio che senza quel figlio la propria vita sarebbe stata diversa. Un tabù. Forse il più terribile di tutti.

La Pantafa è una parte di noi, parla delle nostre bassezze più recondite.

Quello che spaventa non è l’orrore mostrato ma il non visto, l’orrore che viene evocato.

Quello che non si potrebbe raccontare.

Le storie dell’orrore servono anche a questo, a trasformare, tramandare e liberarsi delle nostre paure e debolezze.

La protagonista Kasia Smutniak. Sul suo personaggio afferma:

 

Questo è un film che racconta una parte femminile dell’universo:

c’è una madre, c’è una figlia, una donna adulta che tramanda il proprio sapere a queste due femmine

e c’è il lato oscuro, anche questo è una donna.

Il racconto va a esplorare cose del subconscio femminile.

il colibrì

 Il colibrì di Francesca Archibugi Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante

 Il colibrì è un film di Francesca Archibugi dal romanzo di Sandro Veronesi vincitore del Premio Strega 2020 edito da La Nave di Teseo nelle sale dal 14 ottobre.

il colibrìIl colibrì  ha come interpreti  Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante,

Sergio Albelli, Alessandro Tedeschi, Benedetta Porcaroli, Massimo Ceccherini, Fotinì Peluso,

Francesco Centorame, Pietro Ragusa, Valeria Cavalli e con Nanni Moretti

Il colibrì  è scritto da Francesca Archibugi, Laura Paolucci e Francesco Piccolo

Una coproduzione italo-francese FANDANGO con RAI CINEMA LES FILMS DES TOURNELLES – ORANGE STUDIO. Prodotto da Domenico Procacci

Coprodotto da Anne-Dominique Toussaint

È il racconto della vita di Marco Carrera, “il Colibrì”, una vita di coincidenze fatali, perdite

e amori assoluti.

La storia procede secondo la forza dei ricordi che permettono di saltare da un periodo a

un altro, da un’epoca a un’altra, in un tempo liquido che va dai primi anni ‘70 fino a un

futuro prossimo.

È al mare che Marco conosce Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta. Un

amore che mai verrà consumato e mai si spegnerà, per tutta la vita.

La sua vita coniugale sarà un’altra, a Roma, insieme a Marina e alla figlia Adele.

Marco tornerà a Firenze sbalzato via da un destino implacabile, che lo sottopone a prove

durissime.

A proteggerlo dagli urti più violenti troverà Daniele Carradori, lo psicoanalista

di Marina, che insegnerà a Marco come accogliere i cambi di rotta più inaspettati.

Il Colibrì è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti

noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Anche con le potenti armi

dell’illusione, della felicità e dell’allegria.

 

Ho amato moltissimo il libro di Sandro Veronesi

– dice la regista Francesca Archibugi –

volevo essergli fedele e al tempo stesso

usarlo come materiale personale, perché così lo sentivo.

Il libro è avventuroso sul piano stilistico, e con gli sceneggiatori Laura Paolucci e Francesco

Piccolo abbiamo voluto non solo assecondare l’avventura, ma rilanciare.

Un unico flusso di avvenimenti su piani sfalsati, come quando si racconta una vita, con

episodi che vengono a galla apparentemente alla rinfusa,

 ma invece sono legati da fili interni, a volte inconsapevoli.

Ho scommesso su togliere qualsiasi data e qualsiasi riferimento che dipanasse la domanda:

in che epoca siamo?

Ho desiderato che il flusso del tempo fosse raccontato solo dagli attori.

Perfino le case, negli arredamenti, insieme ad Alessandro Vannucci alla scenografia e

Cristina Del Zotto all’arredamento, le abbiamo tenute piuttosto immobili, come sono state

immobili nei decenni quelle dei miei nonni.

Non ho voluto dare un colore diverso alle epoche, insieme a Luca Bigazzi direttore della

fotografia, non virare i toni fotografici,

 ma tenere la stessa unità che abbiamo nei ricordi.

Questo racconto unificato nel tempo ha avuto bisogno di una grande cura nell’agganciare

un frammento all’altro,

attraverso gli attacchi di montaggio di Esmeralda Calabria, e non solo sul piano narrativo, ma forse ancora di più sul piano visivo.

La scelta principale di regia, per una storia così fortemente radicata nei personaggi,

è stata la scelta degli attori che dovevano incarnarli.

Grandi e piccoli ruoli.

Ognuno, primo fra tutti Marco Carrera, ha dovuto portare su di sé l’onere del racconto.

I vestiti, più che costumi, di Lina Taviani, dovevano suggerire cosa siamo dentro un’epoca,

non è moda, è abitare il proprio tempo.

Il mondo intorno, le case, le strade, le immagini, la luce e le stagioni che si susseguivano,

dovevano avvolgere i personaggi come un mantello per il viaggio.

Anche in questo film, come per gli altri precedenti, il mio desiderio è stato annullare la

macchina da presa, riuscire a creare la percezione che la storia si stesse raccontando da sé.

Non è un esercizio di regia facile.

A volte la cosa più difficile da inquadrare è il viso di un uomo, di una donna, di ragazzi e

bambini.

Far capire i sottotesti.

E filmare l’invisibile.

3/19

3/19 è il film diretto da Silvio Soldini con Kasia Smutniak

3/19 è il film diretto da Silvio Soldini con Kasia Smutniak,

Francesco Colella, Caterina Forza, Paolo Mazzarelli, Martina De Santis, Antonio Zavatteri, Anna Ferzetti, Arianna Scommegna, Giuseppe Cederna

3/19La sceneggiatura di 3/19 è firmata da Doriana Leondeff, Davide Lantieri, Silvio Soldini.

3/19 è distribuito da Vision Distribution.

 3/19 :  è il numero con cui viene indicato un giovane immigrato, morto nell’anonimato.

“Nel mio film – dice Soldini – ho affrontato ll tema della memoria, le cose nascoste nei meandri della mente che tornano fuori.

E poi il tema del caso o del destino, che attraversa tutto il mio cinema.

Infine, volevo raccontare l’incontro-scontro tra due persone che porta a un cambiamento, a una sorta di rinascita”.

 “ Per questo film Kasia è stata fondamentale .

Dal primo provino con lei ho sentito che aveva qualcosa di molto credibile e vicino al personaggio, diverso da tutti gli altri del mio modo di girare.

La protagonista è una donna forte, quasi un soldato, abituata a lavorare in un mondo quasi del tutto maschile e a lottare,

ma in fondo ha una fragilità, una sensibilità finissima. Con Kasia queste due facce hanno preso vita con grande intensità”.

Il tema centrale di 3/19  è quello della responsabilità verso il prossimo, anche quando non c’è obbligo o perseguibilità penale, e per estensione verso la società e l’ambiente.

La Smutniak parla così del suo personaggio: “Camilla Corti è un avvocato, una donna che ha dedicato la sua vita al lavoro, rinunciando a se stessa e alla famiglia.

Super smart e veloce ma pur sempre una donna in un ambiente maschile dove sopravvivono solo quelli che sono veramente bravi e

 per fare questo devono rinunciare a tante cose che per le persone normali sono assolutamente incomprensibili”

 

 

domina

Domina la serie Sky che racconta il potere delle donne

Domina è la serie prodotta da Sky, in otto puntate in onda dal 14 maggio, ideata e scritta da Simon Burke. La regia è di Claire MCcarthy.

Protagonista è Kasia Smutniak con al fianco un cast internazionale:

Matthew McNulty (Gaio Ottaviano), Claire Forlani (Ottavia, sorella di Gaio), Christine Bottomley (Scribonia, prima moglie di Gaio nonché acerrima nemica di Livia),

Colette Dalal Tchantcho (Antigone), Ben Batt (Agrippa).

Insieme a loro il grande Liam Cunningham nel ruolo di Livio, padre di Livia Drusilla, e Isabella Rossellini nei panni della matrona Balbina

Domina racconta per la prima volta dal punto di vista delle donne le lotte per il potere durante il principato di Gaio Ottaviano, il celebre Cesare Augusto, primo imperatore romano.

La cosa che mi ha affascinato di questo progetto – dice la Smutniak-  

era potere raccontare di una donna, che è stata fondamentale per la sua epoca, e quasi cancellata poi dalla storia, o meglio le sue imprese, le sue conquiste sono state svuotate di potere.

Livia Drusilla è la prima femminista della storia. Ho dovuto prima capire le sue scelte, per poterla poi interpretarla; le sue rinunce, tutte fortissime, strazianti, non sono facili da capire per una donna di oggi.

Il suo grande amore per Gaio, che è stato davvero una passione ed un amore sconfinato, è parte fondamentale di questa storia.

La complicità tra le donne, tra queste donne è incredibile, insieme riescono ad avere occhi dappertutto e riescono ad esercitare il potere, sebbene attraverso gli uomini.

Di certo è stata una rivoluzione assoluta nel mondo romano dove le donne erano viste solo come macchine da riproduzione.

Con questa serie si vuole dare voce a una donna e alla sua storia e farla conoscere al mondo con grande fedeltà storica.

Il lavoro – dice Nils Hartmann, Senior director Original Production Sky Italia –  è frutto di una grande coproduzione internazionale.

Ancora una volta ha avuto origine in Italia e, com’è giusto per una vicenda che ci riporta nell’antica Roma.

In Italia ha trovato il suo naturale habitat realizzativo:  a Cinecittà, nei suoi studi e con le maestranze che tutto il mondo ci invidia.

Costruire un mondo epico, senza sbavature e molto strutturato –  ha dichiarato la regista Claire MCcarhty

assicurando al contempo un collegamento empatico con le vite interiori di personaggi così complessi, si è rivelato un delicato gioco di equilibrismo.

Si tratta dell’epopea sul casato che ha messo fine alla repubblica di Roma e fondato, al suo posto, un impero e una dinastia – dichiara il creatore e sceneggiatore Simon Burke

Al contempo, è la storia di come un gruppo di donne intelligenti e determinate, per la prima volta nella storia attestata, sono state capaci di impadronirsi del potere politico e, attraverso i loro uomini, di usarlo.

In quest’ottica, Domina rappresenta la celebrazione di una femminilità sovversiva.

Abbiamo fatto ogni sforzo per garantire la massima accuratezza storica nel racconto della serie.