denti da squalo

“Denti da squalo” diretto da Gentile con Pesce, Santamaria, Raffaele, Rosci e Menichelli nelle sale

Denti da squalo è il film diretto da Davide Gentile che esce nelle sale l’8 giugno.

Nel cast di Denti da squalo ci sono: Tiziano Menichelli, Stefano Rosci, Virginia Raffaele, Edoardo Pesce¸ Claudio Santamaria.

La sceneggiatura è di Valerio Cilio, Gianluca Leoncini, la fotografia è di Ivan Casalgrandi, il

Montaggio è di Tommaso Gallone, le musiche è di Michele Braga.

denti da squaloLa produzione è di: Goon Films, Lucky Red, Ideacinema con Rai Cinema, in collaborazione con Prime Video.

Denti da squalo è distribuito da Lucky Red.

Denti da squalo, il film diretto da Davide Gentile, si svolge in un’estate diversa dalle altre per il tredicenne Walter.

È la prima estate che passerà senza suo padre Antonio che è morto da poco in un incidente sul lavoro.

Siamo sul litorale romano e la scuola è appena finita, sono rimasti da soli lui e sua madre Rita che difficilmente accetta questo terribile lutto.

Rita si chiude sempre più in se stessa e i suoi silenzi la stanno allontanano da suo figlio.

Walter passa le sue giornate gironzolando senza meta e un giorno la sua attenzione viene catturata da un luogo misterioso, una villa con una grande piscina.

L’acqua della piscina però è torbida e contrariamente a quello che pensa inizialmente, la villa non è abbandonata.

Ad occuparla c’è il criminale di zona conosciuto come Il Corsaro, e con lui a custodire la villa c’è anche Carlo un teppistello.

Questo sarà l’inizio di un’avventura unica e poetica che Walter ricorderà per tutta la vita.

Dentice racconta le difficoltà riscontrare sul set:

«La domanda che ci siamo fatti era come realizzarlo, abbiamo pensato di utilizzare un vero esemplare erbivoro, ma non me la sono sentita.

Se ci fosse stato un incidente con il bambino sarebbe stato terribile, uno squalo vero non è controllabile, e forse non ci avrebbero nemmeno assicurati.

Siamo passati all’idea di costruirlo con l’animatronica, ma non avrebbe funzionato.

La soluzione vincente è stata mescolare le tecniche, lavorare in animatronics con la computer grafica.

In Italia gli effetti speciali non sono mai stati fatti a quei livelli, e noi dovevamo lavorare come a Hollywood ma senza i loro mezzi.

Mi hanno proposto una casa di produzione molto piccola ed ero in apprensione,

invece hanno lavorato molto bene, sapendo che il risultato avrebbe cambiato la loro carriera, oltre che la mia».

Il rapporto sul set con l’esordiente Tiziano Menichelli

Non avevo mai lavorato con un esordiente, ho trovato Tiziano un mese prima delle riprese, a Ostia, su un pontile.

Dopo il primo giorno di set ha avuto 40 di febbre, ci siamo fermati per una settimana.

Dalla seconda settimana Tiziano ha lavorato 39 giorni senza fare un errore.

Certo la tenuta psicologica, mia e soprattutto sua, ha avuto cedimenti.

Ma sapevo che se avessi seguito la mia sensibilità non avrei sbagliato.

Capisco bene l’età preadolescenziale, quel senso di solitudine che ti attraversa.

All’età di Walter ero molto solo e molto malinconico, ho trasferito quei sentimenti nel film.

Mentre ho tralasciato la fascinazione per il mondo criminale che era nella sceneggiatura, perché Tiziano è un bambino più profondo e molto serio.

Il suo sentirsi poco capito dal resto del mondo ci ha avvicinati».

rapito

Rapito di Marco Bellocchio dal successo a Cannes alle sale cinematografiche

Rapito è il film di Marco Bellocchio presentato al 76° Festival di Cannes come uno dei tre film italiani in concorso.

rapitoNel cast di Rapito ci sono:

Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala, Leonardo Maltese, Filippo Timi,

Fabrizio Gifuni, Andrea Gherpelli, Samuele Teneggi, Corrado Invernizzi.

La sceneggiatura è di Marco Bellocchio e Susanna Nicchiarelli con la collaborazione di Edoardo Albinati e Daniela Ceselli,

e la consulenza storica di Pina Totaro.

Il montaggio è di Francesca Calvelli e Stefano Mariotti, la fotografia è di Francesco Di Giacomo.

Il film si ispira liberamente a “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, edizioni Mondadori.

Il film è una produzione IBC Movie e Kavac Film con Rai Cinema in coproduzione con Ad Vitam Production (Francia) e The Match Factory (Germania)

ed è prodotto da Beppe Caschetto e Simone Gattoni, coprodotto con la partecipazione di Canal +, Cine’ + e Br/Arte France Cinéma in associazione con Film-und Medienstiftung NRW

con il supporto di Région Ile-de-France.

Nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, i soldati del Papa irrompono nella casa della famiglia Mortara.

Per ordine del cardinale, sono andati a prendere Edgardo, il loro figlio di sette anni. Secondo le dichiarazioni di una domestica,

ritenuto in punto di morte, a sei mesi, il bambino era stato segretamente battezzato.

La legge papale è inappellabile: deve ricevere un’educazione cattolica. I genitori di Edgardo, sconvolti, faranno di tutto per riavere il figlio.

Sostenuta dall’opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, la battaglia dei Mortara assume presto una dimensione politica.

Ma il Papa è inflessibile e non accetta di restituire il bambino. Mentre Edgardo cresce nella fede cattolica, il potere temporale della Chiesa volge al tramonto e le truppe sabaude conquistano Roma.

Sul suo personaggio Gufuni dichiara:

Questo personaggio è un altro regalo di Marco, lavorare con lui è una festa dell’intelligenza, della creatività e della libertà.

Mi ha dato la possibilità di condividere un momento creativo con uno dei più grandi artisti contemporanei, e un interprete non può che godere.

Bellocchio sul film dice:

Ho letto diversi anni fa il libro e la storia mi aveva affascinato.

Ma poiché Spielberg stava già preparando il film in Italia ci siamo fermati .

In un secondo momento sapemmo, durante un viaggio in America per la promozione del Il traditore che Spielberg si era fermato, si disse perché non trovava il bambino.

E quindi siamo ripartiti.

Sicuramente quello che abbiamo immaginato ha echi nella storia di oggi, ma io non ho minimamente pensato di fare un film né politico né ideologico contro la Chiesa o il Papa.

la quattordicesima domenica

La quattordicesima domenica del tempo ordinario di Pupi Avati con Lavia, Fenech, Bocci e Guenzi nelle sale

La quattordicesima domenica del tempo ordinario il film diretto e sceneggiato da pupi Avati è nelle sale.

La distribuzione del film è di Vision distribution, la fotografia di Cesare Bastelli il montaggio di Ivan Zuccon, le  musiche di  Sergio Cammariere, Lucio Gregoretti

la quattordicesima domenicaLa produzione di La quattordicesima domenica del tempo ordinario è a cura di

Duea Film, Minerva Pictures con Vision Distribution in collaborazione con Sky

Nel cast di La quattordicesima domenica del tempo ordinario  ci sono:

Camilla Ciraolo, Lodo Guenzi, Nick Russo, Edwige Fenech, Gabriele Lavia, Cesare Bocci, Massimo Lopez, Cesare Cremonini, Jacopo Rampini, Fabrizio Buompastore,

Sydne Rome, Anna Safroncik, Patrizia Pellegrino, Pilar Abella, Vincenzo Failla.

 

Bologna, anni 70. Marzio, Samuele e Sandra sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare. La musica, la moda, o forse la carriera.

I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo. Sandra è un fiore di bellezza e aspira a diventare indossatrice.

Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra mentre Samuele suona l’organo.

Quella ‘quattordicesima domenica’ diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa, la sola ad essere diffusa da qualche radio locale.

Poi un giorno di quei meravigliosi anni novanta in cui tutto sembra loro possibile, si appalesa all’improvviso la burrasca, un vento contrario e ostile che tutto spazza via.
Li ritroviamo 35 anni dopo.

Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto cosa ne è stato dei loro sogni?

 

Pupi Avati parla del suo film:

Ho immaginato il titolo già oltre 15 anni fa quando, raggiunta la settantina, ho iniziato una doverosa riflessione sul percorso che avevo alle spalle.

La quattordicesima domenica del tempo ordinario secondo l’anno liturgico è quella che segue la Quaresima e anticipa l’Avvento e per me è il giorno in cui mi sono sposato il 27 giugno 1964.

Ho pensato, ho immaginato una separazione per un lungo periodo di 35 anni dalla donna che avevo sposato, nella reciproca aspettativa di vedere entrambi realizzati i nostri sogni immaginando

poi un nuovo incontro in cui verificare quanto questi sogni non si siano realizzati e di conseguenza quanto fossimo noi cambiati rispetto ad allora.

Credo che in una situazione come quella attuale dell’Occidente in cui la gran parte delle unioni – sancite da matrimoni religiosi o civili o altro –

hanno una vita breve perché si concludono molto spesso con separazioni e divorzi, l’immaginare cosa possa accadere di due persone che hanno usato il conoscersi reciprocamente per amarsi e

successivamente il conoscersi reciprocamente per combattersi e quindi che cosa possa rappresentare per loro il ritrovarsi dopo gran parte della propria vita vissuta lontani uno dall’altra.

È evidente che c’è ben poco di autobiografico in quanto la mia esperienza in ambito matrimoniale è ancora ben salda e mi auguro lo sia definitivamente.

Tuttavia, immaginare e scrivere una storia come questa mi ha dato modo di verificare quanto l’invecchiare abbia prodotto in me una nostalgia sempre più esplicita

nei riguardi di quella figura paterna della quale non avevo avvertito l’assenza per gran parte della mia vita.

Edwige Fenech racconta il suo personaggio:

Ho ricevuto una chiamata da Pupi Avati che mi ha raccontato la storia del film al telefono e devo dire che sono rimasta molto impressionata.

L’ho sempre adorato come regista e mi ha fatto molto piacere che mi stesse cercando per propormi qualcosa di molto diverso rispetto a tutto quello che avevo fatto in passato.

Quando ha finito il suo racconto quasi non ci credevo, alla fine della chiamata avevo già detto di sì… Quando ho riattaccato mi sono messa a fare salti di gioia per come ero felice.

Sandra è un ruolo distante da me, però è molto vero e quando un personaggio è realistico inevitabilmente dopo tanti anni di esperienza inserisci nella tua interpretazione qualcosa del tuo vissuto:

tutti noi nella vita viviamo alti e bassi, gioie e dolori e tutte queste varie esperienze finiscono naturalmente anche nei nostri personaggi.

Per interpretare Sandra come sempre si fa ho studiato, ho cercato di capire chi è la persona che devi riproporre sullo schermo, ho cercato di coglierne la verità, le ombre e la luce.

In fondo l’approccio è sempre con qualcuno che non sei tu e sei tu che devi dargli vita.

 

Gabriele Lavia spiega il suo personaggio:

Io e Pupi Avati eravamo entrambi a Milano per motivi di lavoro, ci siamo incontrati, lui mi ha detto che avrebbe voluto girare un altro film insieme a me,

a quasi 40 anni di distanza dal nostro “Zeder”, e abbiamo chiacchierato a lungo.

Poco dopo ho letto e apprezzato la sceneggiatura che mi ha dato e abbiamo iniziato a girare.

Mi ricordo soprattutto che faceva molto molto freddo durante le riprese e il clima piacevole del set.

È stato bello lavorare con il mio regista, con suo fratello, il produttore Antonio Avati, e con tutti gli altri attori e tecnici…

Sono la seconda metà del personaggio di Marzio, interpretato in età giovanile da Lodo Guenzi.. Dostoevskij direbbe che quando ci sono io in scena a interpretarlo,

Marzio frequenta gli angoli bui della sua vita mentre quando è interpretato da Lodo frequenta quelli luminosi.

Mi verrebbe da dire che in scena io sono la delusione di Lodo Guenzi mentre Lodo è la mia illusione.

La vita ti riserva queste amare sorprese, Marzio vive da anziano questa delusione, è un fallito che vive in modo dimesso ma ha ancora dentro il cuore qualcosa, non abbandona il sogno di essere un musicista.

Marzio non ha una vita privata, non ha una vita, vive una continua delusione in cui coltiva ancora una strana illusione,

non si arrende ed è questa la sua forza, rappresenta un vecchio inarreso..

 

 

 

la caccia

La caccia il film di Marco Bocci con Chiatti, Sermonti, Nigro, Mazzotta, Savoia nelle sale

La Caccia è un film diretto da Marco Bocci nelle sale dall’11 maggio 2023.

La sceneggiatura de La caccia è dello stesso Bocci con Alessandro Nicolò e Alessandro Pondi.

La distribuzione è di Medusa Film, mentre la produzione di Santo Versace e Gianluca Curti per Minerva Pictures, con Rai Cinema.

la cacciaNel cast di La caccia ci sono:

Laura Chiatti, Filippo Nigro, Paolo Pierobon, Pietro Sermonti, Gigi Savoia, Peppino Mazzotta, Marco Bocci, Marina Rocco

La Caccia racconta la storia di una famiglia, di  quattro fratelli, Silvia, Luca, Giorgio e Mattia

(Laura Chiatti, Filippo Nigro, Paolo Pierobon e Pietro Sermonti), molto diversi fra loro.

Luca è un tipo pieno di energie, lavora nel settore della vendita di auto e sta progettando di espandere la sua attività.

Silvia per diverso tempo ha dovuto combattere con la sua tossicodipendenza, ma adesso è pulita da ben mille giorni.

Mattia è un creativo, lavora come pittore, a un primo sguardo appare trasandato e sembra non curarsi molto dell’opinione altrui.

Giorgio, infine, emana un aria seria e affidabile, ha un lavoro stabile ed è il padre di una famiglia molto esigente.

Dopo un lungo periodo lontani, i quattro fratelli si riuniscono per la morte del padre.

Si ritrovano tutti in quella grande villa dove hanno trascorso insieme gli anni dell’infanzia e scoprono, con loro grande sorpresa, che l’abitazione è l’unica eredità lasciata loro dal padre.

Decidono di comune accordo di vendere la casa, nonostante ancora oggi nasconda una terribile verità.

Il ricavato dalla vendita, però, non è sufficiente a sanare i problemi economici di ognuno di loro, così Luca propone ai fratelli una soluzione per un verso estrema, ma degna di suo padre.

Sul film La caccia il regista Bocci afferma:

A me piace lavorare con gli attori, forse perché sono un attore anche io e conosco le fragilità che possiamo avere sul set.

In verità mi piace anche fare un lungo lavoro di preparazione con loro e mi fido molto degli attori, mi piace scoprire fin dove possono arrivare e trovo sia giusto lasciare anche un certo spazio all’improvvisazione.

In generale comunque sono una persona abbastanza istintiva e mi piace seguire il flusso, seguire quello che ho voglia di raccontare.

Mi piace anche mischiare un po’ i generi, non mi fisso su un unico “registro”.

Secondo me questo film può piacere e soddisfare sia il semplice appassionato di cinema che va in sala per puro intrattenimento,

che uno spettatore che ha voglia di qualcosa di più, magari di riflettere per qualche ora su quello che ha visto.

Naturalmente è anche un film che riflette sui rapporti familiari, sui legami con i quali cresciamo.

Tutto parte dalla famiglia, le nostre sicurezze, le nostre insicurezze, fragilità o indecisioni.

Credo che il film appunto faccia riflettere su quanto il nostro passato riesca a contaminarci.

Filippo Nigro, uno dei protagonisti sul film dice:

Nel film sembra che nessuno voglia stare in gioco e quindi nessuno vuole essere in scena, o nella vita.

Nel mio caso, invece, provo ad esserci troppo e troppo male, commettendo numerosi errori.

Proprio perché non siamo preparati a stare in scena, o nella vita.

E questo ti incattivisce, ti rende frustrato, tuo malgrado. Ti arrabbi per sopravvivere.

 

 

vivere non è un gioco da ragazzi

Vivere non è un gioco da ragazzi la nuova serie di Ravello con Fresi, Bisio, Grimaudo in onda dal 15 maggio

Vivere non è un gioco da ragazzi, serie prodotta da Picomedia per Rai Fiction, e in onda su Rai 1 dal 15 maggio, diretta da Rolando Ravello.

La fiction è composta da 6 episodi che saranno suddivisi in 3 serate, due episodi ogni lunedì.

Vivere non è un gioco da ragazzi  è prodotta da Roberto Sessa con il sostegno della Regione Emilia-Romagna

vivre non è un gioco da ragazziIl cast di Vivere non è un gioco da ragazzi è composto da:

Claudio Bisio, Stefano Fresi, Nicole Grimaudo, Riccardo De Rinaldis, Matilde Benedusi

Tommaso Donadoni, Pietro De Nova, Lucia Mascino, Fabrizia Sacchi,  Fausto Sciarappa,

Luca Geminiani.

Lele è cresciuto in periferia, ma attratto dalla scrittura s’iscrive a un liceo classico del centro di Bologna.

Per attirare l’attenzione di Serena, la ragazza che gli piace, Lele si è lasciato coinvolgere in un gruppo di amici che assumono ecstasy.

L’ha provata e ha assecondato la curiosità di un altro amico, Mirco, facendone assumere una pastiglia anche a lui.

Mirco però viene ritrovato senza vita, e per Lele è l’inizio di un incubo che lo conduce in Questura.

A cercare di capire quale sia il reale coinvolgimento di Lele nella vicenda ci sarà il commissario Saguatti.

 

Le riprese di Vivere Non è un Gioco da Ragazzi sono iniziate lo scorso autunno a Bologna, e terminate nelle prime settimane del 2022.

Claudio Bisio sulla sua partecipazione dice:

Avrei dovuto fare solo un cameo, poi una partecipazione, alla fine sono dentro con testa, cuore e piedi.

Il mio personaggio, il commissario Saguatti è burbero, scontroso ed indaga sulla morte dell’amico di Lele per una pasticca tagliata male.

Come tutti i personaggi di questa serie anche lui ha dei segreti che lo portano ad avere atteggiamenti non ortodossi.

 

 

il principe di roma

Il principe di Roma diretto da Edoardo Falcone con protagonista Marco Giallini in prima tv su Sky

Il principe di Roma è il film diretto da Edoardo Falcone, con protagonista Marco Giallini.

Nel cast di Il principe di Roma ci sono:  Giulia Bevilacqua, Filippo Timi, Sergio Rubini,

Denise Tantucci, Antonio Bannò, Liliana Bottone, Massimo De Lorenzo, con Andrea Sartoretti e con Giuseppe Battiston.

il principe di RomaIl film, una produzione Lucky Red con Rai Cinema in collaborazione con Sky Cinema, va in onda lunedì primo maggio

alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Collection), in streaming su NOW e disponibile on demand

Roma, 1829. Bartolomeo (Marco Giallini) è un uomo ricco e avido che brama il titolo nobiliare più di ogni cosa.

Nel tentativo di recuperare il denaro necessario a stringere un accordo segreto con il Principe Accoramboni

per ottenere in moglie sua figlia, si troverà nel bel mezzo di un sorprendente viaggio a cavallo tra passato, presente e futuro. A

ffiancato da compagni d’eccezione dovrà fare i conti con sé stesso e conquistare nuove consapevolezze.

 

Sul film dice il regista Falcone

 Ho sempre voluto fare un film ambientato nella Roma del Papa Re.

Questo desiderio ha origine nella mia infanzia quando, in una lontana estate di tanti anni fa, mia madre mi portò in un’arena a vedere Nell’anno del Signore di Luigi Magni.

Proprio dalla visione di quel film così evocativo è nata in me una passione per la storia e le tradizioni della mia città, che ancora oggi non mi ha mai abbandonato.

Avevo però bisogno di trovare un’idea giusta per far rivivere quel mondo così particolare, senza dover rinunciare a trattare temi universali,

come ho sempre cercato di fare nelle mie regie precedenti.

E quest’idea l’ho trovata in un grande classico della letteratura: “Il Canto di Natale” di Charles Dickens. Tutto parte da una domanda paradossale:

e se l’odioso Scrooge invece di vivere a Londra nell’Ottocento, fosse vissuto nello stesso periodo a Roma?

Partendo da questo spunto iniziale, via via si è sviluppata la storia del Principe di Roma che nel tempo ha acquistato sempre più un’identità autonoma.

Tolto il Natale con i suoi regali, eliminato il vecchio Scrooge con la sua proverbiale avarizia, sono nate situazioni, personaggi e sviluppi assolutamente originali rispetto all’universo dickensiano.

In compenso sono rimasti i fantasmi.

Ma non sono più quelli classici del Natale passato, presente e futuro, bensì fantasmi “storici” come Beatrice Cenci, Giordano Bruno e Papa Borgia.

Presenze misteriose che secondo la tradizione continuano a vagare da secoli lungo le strade della città eterna e che guideranno il nostro protagonista in un percorso straordinario attraverso la sua vita.

Un viaggio che pur essendo assolutamente personale, alla fine parla a tutti noi.

La condizione umana, il tempo con il suo scorrere inesorabile, le conseguenze di ogni nostra azione, gli affetti e la memoria, sono solo alcuni dei temi affrontati,

senza però mai rinunciare al sorriso e al divertimento. Nello sviluppo della sceneggiatura, ma ancor più nella realizzazione del film, mi sono basato totalmente sulle numerose fonti d’epoca.

In primis ovviamente sui sonetti del Belli, miniera inesauribile di lingua, curiosità e tradizioni popolari.

Poi, per la ricostruzione iconografica, sulle stampe del Pinelli e sulle litografie di Thomas, istantanee meravigliose di un tempo che non c’è più, ma che ancora vive nella nostra memoria.

Tutto con l’obiettivo di non perdere mai di vista un approccio realistico e rigorosamente storico.

Il modo migliore, secondo me, per raccontare una favola senza tempo.

Giallini sui suoi personaggi:

Ci sono stati personaggi che ho praticato di più.

 C’è sempre un po’ di noi in tutto penso al personaggio di Rocco Schiavone, che forse si avvicina di più.

Alla sceneggiatura cerco di dare la mia impronta, non facendo nulla.

Mi attengo a quello che mi dice la sceneggiatura, di me non c’è niente.

Io non sono né avido, né Principe! Comunque mi diverto. Fare cinema è bellissimo”. 

 

 

rocco schiavone

Rocco Schiavone quinta stagione con Marco Giallini ancora protagonista diretto da Spada in onda sulla Rai

Rocco Schiavone quinta stagione è la serie tratta dai romanzi e racconti di Antonio Manzini

rocco schiavoneediti in Italia da Sellerio per la regia di Simone Spada.

Nel cast con Marco Giallini ci sono:  Ernesto D’Argenio, Christian Ginepro, Massimo Reale,

Lorenza Indovina, Valeria Solarino,  Mirko Frezza,  Massimo Olcese, Gino Nardella.

La sceneggiatura è di  Antonio Manzini e  Maurizio Careddu.

I Produttori della Rai sono: Ivan Carlei, Alessandro Carbone, Fania Petrocchi

Prodotto da Rosario Rinaldo (APA) e Maddalena Rinaldo per CROSS PRODUCTIONS

Rocco Schiavone quinta stagione  è una coproduzione RAI FICTION, CROSS PRODUCTIONS e BETA FILM con il sostegno di     Film Commission Vallée d’Aoste

Schiavone continua a dialogare con il fantasma della moglie Marina (ora interpretata da Miriam Dalmazio),

ma il colpo di pistola sparato per errore dall’agente D’Intino  gli ha lasciato un profondo senso di vuoto e di solitudine.

Con il trasferimento di Gabriele (Carlo Ponti) e Cecilia (Anna Bellato) a Milano, Rocco ha perso ogni legame affettivo, nulla sembra potergli riscaldare l’anima:

il rapporto con Sandra (Valeria Solarino) non prende il volo e di Sebastiano (Francesco Acquaroli) nessuno sa più nulla.

Persino il suo fiuto nelle indagini inizia a vacillare, al punto da portare Rocco a compiere uno sbaglio, il primo.

Sarà il ritorno di Baiocchi (Adamo Dionisi) e dei fantasmi del passato a far tremare ulteriormente la terra sotto i suoi piedi,

niente è come credeva che fosse e tutto ciò che lo legava alla sua vita romana sembra sgretolarsi.

Ormai Rocco è costretto ad arrendersi alla realtà aostana tanto detestata, ma che forse rappresenta il suo unico vero rifugio sicuro.

Il regista Simone Spada su Rocco Schiavone quinta stagione:

Schiavone è un vicequestore in forza alla Polizia di Stato, romano fin nel midollo, che si ritrova a dover svolgere le sue funzioni nella città di Aosta.

Ma Rocco Schiavone è sì un poliziotto, ma tutto di lui farebbe dire il contrario.

Se penso a Rocco penso a quel meraviglioso viso unico e vissuto di Marco Giallini;

penso alla scrittura umana e raffinata di Antonio Manzini,

a quei bei romanzi Sellerio che divoravo anche prima di poter immaginare che un giorno ne avrei in qualche modo fatto parte,

penso alla passione e alla visione del nostri produttori Rosario Rinaldo e Maddalena Rinaldo,

alla Valle d’Aosta, che anche quest’anno ci ha ospitato,

alla neve, un elemento naturale, magico, malinconico e visivo che merita di riempire quasi sempre un’inquadratura.

Rocco Schiavone è un racconto che più cresce e va avanti negli anni, più diventa potente, pieno e pregno di umanità e ricco di sfumature.

Rocco è un po’ la verità della vita, la sua forza è l’empatia che crea con chi lo ama e chi non lo sopporta.

Nonostante viva in un tempo sospeso, un continuo inverno che sembra non passare mai, Rocco cambia, perché noi stessi cambiamo con lui.

Anche in questa stagione come nelle precedenti si arricchiscono ulteriormente le linee dei personaggi che lo circondano, le sue amicizie, i suoi amori mancati o schivati, i rimpianti, gli incontri e alcuni ritorni.

A questa  quinta stagione  sono particolarmente legato perché fiero di questo prodotto che ormai, sembra assurdo, vivo un po’ come un figlio.

il sole dell'avvenire

Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti nelle sale cinematografiche e poi a Cannes

Il sol dell’avvenire è il film sceneggiato da Francesca Marciano, Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Valia Santella e diretto da Nanni Moretti nelle sale dal 20 aprile.

il sole avvenireNel cast de Il sol dell’avvenire ci sono:  Nanni Moretti, Margherita Buy, Valentina Romani, Silvio Orlando, Barbora Bobulova,

Flavio Furno, Mathieu Amalric, Zsolt Anger, Jerzy Stuhr, Teco Celio,

Giuseppe Scoditti, Beniamino Marcone, Valerio Da Silva, Angelo Galdi, Arianna Pozzoli, Rosario Lisma, Francesco Brandi, Laura Nardi,

Arianna Serrao, Blu Yoshimi, Michele Eburnea, Elena Lietti, Benjamin Stender, Francesco Rossini,

Federica Sandrini, Carolina Pavone, Sun Hee You.

A maggio, “Il sol dell’avvenire” concorrerà per la Palma d’oro al Festival di Cannes:

La distribuzione è di  01 Distribution, la fotografia di Michele D’Attanasio, il montaggio

Di Clelio Benevento e le musiche sono di Franco Piersanti

La produzione è a cura di  Sacher Film, Fandango con Rai Cinema, Le Pacte.

 

Il sol dell’avvenire vede protagonisti Giovanni (Moretti), un regista sempre meno in sintonia con il mondo attorno a lui.

Sta girando un film ambientato nel 1956, la storia del segretario della sezione del PCI del quartiere romano del Quarticciolo che deve capire come reagire all’invio dei carri armati sovietici a Budapest.

La produttrice del film è sua moglie Paola (Margherita Buy), che però sta pensando di lasciarlo, anche se Giovanni non lo sa.

Giovanni sta anche scrivendo un film tratto da “Il nuotatore” di John Cheever, e allo stesso tempo immagina di girare un film che racconti la storia quarantennale di una coppia,

con tante canzoni italiane a fare da sottofondo.

Sul film Moretti dice:

Per quanto riguarda il film ambientato nel ’56, alcuni anni fa, prima di ‘Tre piani’ cercammo di ambientare un film in quell’anno però non eravamo soddisfatti.

Poi dopo Tre piani ho detto ‘teniamo quella ambientazione del ’56 ma ai lati, sopra e sotto, voglio raccontare la vita del regista di quel film’”.

Il film offre l’opportunità di riflettere sul presente, per esempio sullo stato odierno del cinema e sulle piattaforme online che vanno bene solo per le serie, i film si devono fare per il cinema.

Ho sempre cercato di andare contro l’onda. Negli anni 80 si facevano pochi film realmente radicati sul territorio e io reagii creando una mia casa di produzione per film italiani;

poi negli anni 90, mentre le sale iniziavano a chiudere, aprii il cinema Nuovo Sacher;

e oggi faccio film rivolti unicamente agli spettatori in sala.

Un tempo i film d’autore venivano preparati bene, coccolati, uscivano al momento giusto. Oggi invece vengono gettati allo sbaraglio e il pubblico non capisce cosa sta uscendo.

Il cinema italiano è vivo, ci sono tanti registi giovani e bravi, oltre agli Amelio, ai Bellocchio, e il pubblico regala sorprese, si pensi a “Le otto montagne”.

Quello che manca è l’attenzione, per esempio delle belle trasmissioni a tema in tv.

 

Margherita Buy sul film dice:

“Questo è un film complesso, ed ero molto curiosa di vedere come si sarebbero intrecciate le varie storie, come sarebbero state rese.

È un film che mi ha molto commossa”.

i pionieri

I Pionieri diretto da Luca Scivoletto con Peppino Mazzotta, Lorenza Indovina, Claudio Bigagli prodotto da Fandango nelle sale

I Pionieri è il film diretto da Luca Scivoletto con soggetto e sceneggiatura di Eleonora Cimpanelli, Pierpaolo Pirone, Luca Scivoletto prodotto da Domenico Procacci e Laura Paolucci.

I Pionieri è una produzione Fandango e Rai Cinema nelle sale dal 13 aprile.

i pionieriLa fotografia di I Pionieri è di Stefano Falivene, il montaggio di Alice Roffinengo.

Nel cast ci sono: Mattia Bonaventura, Francesco Cilia, Danilo Di Vita, Matilde Sofia Fazio, Peppino Mazzotta, Lorenza Indovina, Eleonora Danco con la partecipazione di Claudio Bigagli.

Sicilia, estate del 1990. Enrico ha dodici anni e tutti i problemi dei ragazzini della sua età. Ma a tormentarlo non sono gli ormoni impazziti o un amore non corrisposto.

Il suo problema più grande si chiama Partito Comunista Italiano.

Il partito di suo padre – dirigente locale e probabile futuro segretario regionale – e di sua madre, delegata all’educazione ortodossa dei figli:

niente religione, niente Reebook, niente Rambo, niente Nintendo. In pratica: niente vita sociale.

A parte Renato, l’unico amico di Enrico, anche lui figlio di comunisti (il padre morto per la troppa passione politica e la madre viva ma non meno appassionata)

che a dodici anni si veste e parla come un funzionario di sessanta.

Lui al comunismo ci crede davvero. Enrico invece vorrebbe solo essere come gli altri.

D’estate andarsene al mare, per esempio, e non in giro con il padre, a convincere i compagni che la svolta voluta dal segretario, l’abbandono della falce e martello, è ormai inevitabile.

Farebbe qualunque cosa per evitarlo, anche scappare.

Andarsene in campeggio loro due, lontani da sezioni fumose e da cugini maneschi.

Non un campeggio normale, no: rifonderanno i Pionieri, i vecchi scout comunisti ormai estinti da decenni.

E andrebbe tutto liscio se sulla via della fuga non incontrassero Vittorio, compagno di scuola pluribocciato e manesco che si unisce all’impresa;

e Margherita, anche lei in fuga dalla madre, militare americana della vicina base Nato, e da un vero campo scout.

Quattro ragazzini con ben poco in comune, se non la necessità di scappare.

Dai militari americani e da una madre che vuole portarti lontano, dai carabinieri e da un altro quartetto, male assortito come il loro:

i litigiosissimi genitori di Enrico, l’intransigente madre di Renato e il fascistissimo padre di Vittorio.

Per riuscirci Enrico, Renato, Vittorio e Margherita devono restare uniti, che se non si può tornare indietro non si può far altro che andare avanti. Anche se fa paura.

sul film il regista dice:

Il film parte da uno spunto autobiografico, quindi, ma che poi parte per la tangente. Una storia che racconta l’avventura, racconta la crescita, l’amicizia, l’amore.”

L’Italia era organizzata in maniera diversa rispetto ad ora.

C’era una partecipazione alla politica anche quotidiana.

Era una realtà molto diversa. Io faccio parte di quella generazione che ha assistito al distacco dalla politica.

Immagino che, leggendo il libro, i giovani attori siano riusciti ad entrare in un mondo che non conoscevano e farsi un’idea di che cosa fosse.

Il caso del personaggio di Renato è stato emblematico. Francesco, l’attore, doveva crederci. Questa è stata la sfida vera.

Doveva sostenere un personaggio già strano all’epoca. Usavamo la Juventus come metafora. Poi i problemi sono sempre gli stessi, nella famiglia, nella crescita.

Il rispecchiamento per loro c’è, il comunismo è uno sfondo storico.

Magari farà sorgere delle domande: cosa è successo in Italia dopo la caduta del muro?Se i più giovani si faranno questa domanda, la sfida è vinta”.

stranizza d'amuri

Stranizza d’amuri il debutto alla regia di Giuseppe Fiorello è nelle sale

Stranizza d’amuri è il film diretto da Giuseppe Fiorello al suo debutto alla regia.

Il film è liberamente ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto in Sicilia nel 1980, il delitto di Giarre. Il film è dedicato alle due vittime, Toni e Giorgio.

stranizza d'amuriNel cast di Stranizza d’amuri ci sono:  Gabriele Pizzurro, Samuele Segreto, Fabrizia Sacchi, Simona Malato, Antonio De Matteo, Enrico Roccaforte,

Roberto Salemi, Giuseppe Spata, Anita Pomario, Alessio Simonetti, Raffaele Cordiano, Giuditta Vasile

Il film è prodotto da Eleonora Pratelli per Iblafilm, Fenix Entertainment con Rai Cinema, Silvio Campara, Golden Goose e GeneraLife.

Le riprese si sono svolte tra Marzamemi, Ferla, Buscemi, Priolo Gargallo, Pachino.

Giugno 1982, in una calda Sicilia che freme per la Nazionale Italiana ai Mondiali di calcio, due adolescenti, Gianni e Nino, si scontrano con i rispettivi motorini lungo una strada di campagna.

Dallo scontro nasce una profonda amicizia, ma anche qualcosa di più, qualcosa che non viene visto di buon occhio dalle famiglie e dai ragazzi del paese.

Coraggiosi e affamati di vita, Gianni e Nino non si curano dei pregiudizi, delle dicerie e vivono liberamente.

Una libertà che gli altri non comprendono e non sono disposti ad accettare..

Stranizza d’amuri è dedicato a Giorgio e Antonio, vittime del delitto di Giarre, avvenuto nel 1980 in provincia di Catania.

Giuseppe Fiorello sul film dice:

“Questa mia prima regia nasce da un articolo che celebrava il trentennale del delitto Giarre, un caso che non conoscevo.

Mi è scattato così un grande senso di colpa: mi sentivo, in quanto siciliano, corresponsabile di quello che era successo.

Nonostante il tema, non volevo dare messaggi, ma casomai fare un inno alla vita. E poi anche io ho amato tanto i miei amici, anche l’amicizia è una forma d’amore, ma senza sesso.

Volevo fare una storia universale e non nascondo che mi sono ispirato a quel capolavoro che è ROMA di Alfonso Cuaron.

Lui più volte ha detto che ha guardato alla sua famiglia e così mi ha suggerito di ambientarlo nel 1982, anno importante per l’Italia, quando il nostro Paese vince i mondiali”.

che prende il titolo dal brano omonimo di Franco Battiato, ha poi le musiche di Giovanni Caccamo e Leonardo Milani.