L’ombra del giorno è un film di Giuseppe Piccioni con Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli e con Lino Musella e Vincenzo Nemolato.
L’ombra del giorno è una produzione Lebowski con Rai Cinema distribuito da 01 distribution.
Il soggetto e la sceneggiatura sono di Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella e Annick Emdin
L’ombra del giorno è un film ambientato in una città di provincia (Ascoli Piceno) sul finire degli anni Trenta.
Luciano, simpatizzante del fascismo come la stragrande maggioranza degli italiani,
è il proprietario di un ristorante, che crede tuttavia di poter vivere secondo le regole che si è
dato, in una sorta di isolamento dal mondo esterno.
Ma sulla vetrina che dà sull’antica piazza, insieme ai segnali preoccupanti di qualcosa che sta per accadere nel mondo, compare una ragazza che porta con sé un segreto.
Si chiama Anna e riesce a farsi assumere nel ristorante.
Da allora per Luciano la vita non sarà più la stessa e insieme ai pericoli che si trova a fronteggiare,
c’è quello più grande di tutti: l’amore.
L’ombra del giorno è una storia d’amore, in quei difficili anni.
Se dovessi identificare uno stile – dice il regista Piccioni – , inteso come una costante presente nei miei film, direi che, in gran parte dei lavori realizzati,
ci sono delle scelte che mettono in stretta relazione la scrittura e la messa in scena.
Se dovessi imprudentemente autocitarmi direi che i personaggi che racconto
sono un po’ “fuori dal mondo”, non nel senso di stralunati, bizzarri o particolarmente eccentrici.
Nella loro normalità essi hanno una mancanza, una distanza da una vita piena, al passo con quella
degli altri.
La loro inadeguatezza è tuttavia evidente soprattutto quando si confronta con un’occasione di cambiamento
ed è quasi sempre segnalata dalle coordinate spaziali in cui si svolge il racconto e dalla predominanza del loro sguardo, soprattutto quello di Luciano, sugli altri e sul mondo.
Quindi in questa, come in altre mie storie, ci sono il dentro e il fuori, l’interno e
l’esterno.
Non amo i virtuosismi registici, mi piace raccontare una storia e nascondere i suoi
segreti nei personaggi, nei luoghi e nelle situazioni, nei dialoghi o cercare di raggiungere, anche
nell’artificio, anche in un piccolo, evidente scarto dal realismo in senso stretto, un qualche grado
di verità.
Presento dei personaggi evidentemente e apparentemente tipizzati poi cerco di
aggirare i cliché, di eluderli, con movimenti inattesi della storia e della messa in scena.
I problemi a cui abbiamo cercato di dare una soluzione possono essere i più diversi:
come si incontrano Luciano e Anna, in che modo, nelle varie situazioni, cresce la loro storia d’amore, attraverso quali gesti, in quale spazio, con quali parole, con quali scelte riguardanti le inquadrature, la luce, l’uso (o il non uso) della musica.
Tutto questo diventa ancora più decisivo della trama.
La piazza davanti al ristorante, nella prima parte della storia, sarà un luogo pieno di luce e equilibrio, dove prevalgono i colori e la presenza rassicurante di vicini e passanti.
Diversamente, nella seconda parte della storia, il paesaggio ci apparrà meno illuminato, quasi scialbo, denso di ombre accompagnate da una luce opaca.
Le stesse presenze umane saranno più rade, occasionali, i colori dei loro abiti meno vividi.
Presenze ostili, poco rassicuranti.
Prevale un senso di insicurezza, in un conformismo generale che alimenta un clima di diffidenza, di sospetto, di parole dette a bassa voce, e un sentimento di disagio che pervade tutto e tutti.